Sapevate che della collezione esposta nel nostro Museo fanno parte anche alcuni splendidi vasettidivetropolicromo, probabilmente provenienti da siti archeologici siciliani?
Si tratta di contenitori per unguenti e profumi che, sebbene rinvenuti spesso in contesti funerari, venivano utilizzati nella vita quotidiana, tenuti al braccio o alla cintura mediante catenelle o nastri, così come testimoniano diverse rappresentazioni su vasi figurati. Fanno parte di una produzione artigianale – che ha preceduto quella del vetro soffiato di età romana – attestata in tutta l’area mediterranea nell’arco del I millennio e particolarmente diffusa a partire dal VI secolo a.C., anche se manufatti realizzati secondo la tecnica “su nucleo” erano già noti in Mesopotamia e in Egitto fin dal II millennio.
La tradizione letteraria, e Plinio in particolare, attribuisce ai Fenici l’invenzione del vetro, considerato a lungo come “bene di lusso” e ampiamente commercializzato. In realtà i centri di produzione, che raccolsero le tradizioni tecnologiche vicino-orientali, dovettero essere vari, alcuni dislocati probabilmente in area Egea. Per quanto riguarda la realizzazione di questi piccoli e preziosi oggetti, attorno a un nucleo di argilla e sabbia, fissato alla sommità di un’asta metallica, venivano avvolti, con un movimento rotatorio, i filamenti di vetro preriscaldato e una volta realizzato il corpo del vaso, venivano modellati la bocca e la base. Infine veniva applicata la decorazione avvolgendo sul corpo, con un movimento a spirale, sottili filamenti di vetro di diversi colori ottenuti con l’aggiunta di ossidi in proporzioni variabili: il rame per il blu e l’azzurro, il ferro o il rame per il verde, l’antimonio o il ferro per il giallo, lo stagno per il bianco. In ultimo, raschiandolo, veniva rimosso il nucleo di argilla. I balsamari di vetro della collezione Collisani si datano per lo più al V secolo a.C. e hanno forme diverse che riproducono, in dimensione miniaturistica, le più diffuse forme dei coevi vasi realizzati in ceramica.